In occasione del 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne istituita nel 1999 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ho avuto il piacere di essere invitata, dalla Municipalità di Mestre – Carpenedo e dal Centro antiviolenza della città di Venezia, a parlare degli strumenti offerti dal nostro legislatore in materia, in attuazione dei principi del trattato internazionale citato.

La Convenzione di Istanbul, pietra miliare nella violenza di genere e domestica, è stata firmata da 45 Paesi ma ratificata, al momento, solo da 33 Stati, tra cui l’Italia.

La fonte in questione sancisce espressamente che la violenza sulle donne rappresenta una violazione dei diritti umani e impone obblighi stringenti per gli Stati che hanno deciso di farne parte.

Questi ultimi, infatti, devono prevedere, all’interno della propria legislazione nazionale, norme che tutelino e reprimano non solo la violenza sessuale e lo stalking bensì anche delitti quali la mutilazione dei genitali femminili e i matrimoni forzati, combattendo gli stereotipi legati al genere e alla prevalenza del sistema patriarcale che vede la donna sottomessa all’uomo.

Pochi mesi fa, il Governo Erdogan ha deciso che la Turchia non dovesse più fare parte della Convenzione, reputando che detto trattato internazionale contenesse principi contrari al concetto tradizionale di famiglia.

Si teme l’effetto a cascata di altri Paesi, quali la Polonia, culturalmente ancora arretrati in materia di protezione dei diritti umani.

10 anni dalla Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa del 2011